È in vigore da poco meno di due mesi la Legge di Bilancio 2018 e con essa le misure di agevolazione fiscale, comprese quelle per la casa.
Oltre ai bonus fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia, riqualificazione energetica e adeguamento antisismico, la Legge di Bilancio 2018 contiene una norma che prova a chiarire una questione spinosa: l’ambito di applicazione dell’aliquota IVA del 10% nei lavori di recupero edilizio, che da anni tormenta committenti e imprese.
Per facilitarne la comprensione, il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia ha spiegato tale norma di interpretazione autenticadell’applicazione dell’aliquota IVA del 10% alle prestazioni relative ad interventi di recupero del patrimonio edilizio.
La norma riguarda l’articolo 7, comma 1, lett. b), della Legge 488/1999, che prevede l’applicazione dell’aliquota IVA del 10% alle prestazioni relative ad interventi di recupero del patrimonio edilizio, cioè manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia (ex articolo 31, comma 1, lettere a), b), c) e d), della Legge 457/1978) realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata.
Con il successivo DM 29 dicembre 1999 sono stati individuati i beni che costituiscono una parte significativa del valore delle forniture effettuate nell’ambito delle prestazioni, ai quali si applica l’IVA al 10% fino a concorrenza del valore complessivo della prestazione relativa all’intervento di recupero, al netto del valore dei predetti beni.
Con la norma di interpretazione autentica, viene chiarito che l’individuazione dei beni che costituiscono una parte significativa del valore delle forniture effettuate nell’ambito delle prestazioni aventi per oggetto interventi di recupero del patrimonio edilizio e delle parti staccate, si effettua in base all’autonomia funzionale delle parti rispetto al manufatto principale, come individuato nel DM 29 dicembre 1999.
Come valore dei predetti beni deve essere assunto quello risultante dall’accordo contrattuale stipulato dalle parti contraenti, che deve tenere conto solo di tutti gli oneri che concorrono alla produzione dei beni stessi e, dunque, sia delle materie prime che della manodopera impiegata per la produzione degli stessi e che, comunque, non può essere inferiore al prezzo di acquisto dei beni stessi.
La fattura emessa dal prestatore che realizza l’intervento di recupero agevolato deve indicare:
– il servizio che costituisce l’oggetto della prestazione;
– i beni di valore significativo, che sono forniti nell’ambito dell’intervento stesso.
Sono fatti salvi i comportamenti difformi tenuti fino al 1° gennaio 2018. Non si fa luogo al rimborso dell’imposta sul valore aggiunto applicata sulle operazioni effettuate.
La nota del Ministero dell’Economia ribadisce quanto spiegato lo scorso novembre nel Dossier del Servizio Studi del Senato.